I sonetti

CLXIV La Vecchia

“Ne·libro mio so ben che studierai, Figlia, quando sarai da me partita: Certana son, se Dio ti dona vita, Che·ttu terrai scuola e leggerai. Di leggerne da me congìo tu n’ài; Ma guàrdati che·ttu sie ben fornita Di ritener la lezion ch’ài udita, E saviamente la ripeterai. In casa non istar punto rinchiusa: A chiesa […]

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CLXIII La Vecchia

“Tutti quanti le vann’oggi blasmando, E ciaschedun sì le ‘ntende a ‘ngannare: Così ciascuna di noi dé pensare A far che·lla ricchezza i metta bando. E non dobbiamo andar il cuor ficcando In un sol luogo, ma dobbiàn pensare In che maniera gli possiàn pigliare, E girgli tutti quanti dispogliando. La femina dé aver amici

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CLXII La Vecchia

“Molti d’assempri dartene saprei, Ma troppo saria lungo parlamento: Ciascuna dé aver fermo intendimento Di scorticargli, sì son falsi e rei. S’i’ fosse giovane, io ben lo farei; Ma io so’ fuor di quel proponimento, Ché troppo fu tosto il mi’ nascimento, Sì ch’i’ vendetta far non ne potrei. Ma·ttu, figliuola mia, che·sse’ fornita D’ogn’armadura

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CXXXVI La ripentenza MalaBocca

Ser MalaBocca si fu ripentuto Di ciò ch’egli avea detto o pur pensato, Ched e’ credette ben aver fallato; Sì disse a Falsembiante: “Il vostro aiuto Convien ch’i’ aggia, ch’i’ non sia perduto”; E ‘mantenente si fu inginocchiato, E disse: “I’ sì vogli’esser confessato D’ogne peccato che m’è avenuto”. AstinenzaCostretta il prese allora, Che·ss’era molto

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CXXXV Falsembiante

FalsoSembiante disse: “Per merzede Vi priego, MalaBocca, ch’ascoltiate; Ché, quand’uon conta pura veritate, Molt’è folle colù’ che no·lla crede. Vo’ sete ben certan che·ll’uon non vede Che ‘l valletto vi porti nimistate; Sed egli amasse tanto l’amistate Del fior quanto vo’ dite, a buona fede, Egli à gran pezza ch’e’ v’avria morto, Avendogli voi fatto

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CXXXIV MalaBocca

Udendo MalaBocca ch’Astinenza Sì forte il biasimava e riprendea, Sì·ssi crucciò, e disse ch’e’ volea Ch’andasser fuor della su’apartenenza: “Vo’ credete coprir Bellacoglienza Di ciò che quel valetto far credea. Be·llo dissi e dirò, che la volea Donargli il fior, e quest’era sua ‘ntenza. Quel nonn-errò del bascio, quest’è certo: Per ch’i’ vi dico, a

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CXXXIII Astinenza

Astinenza sì cominciò a parlare, E disse: “La vertude più sovrana Che possa aver la criatura umana, Sì è della sua lingua rifrenare. Sovr’ogn’altra persona a noi sì pare Ch’esto peccato in voi fiorisce e grana; Se no’l lasciate, egli è cosa certana Che nello ‘nferno vi conviene andare: Ché pezz’à ch’una truffola levaste Sopra

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