I sonetti

CCIX (Senza titolo)

Vergogna sì venne contra Pietate, E molto fortemente la minaccia; E quella, che dottava sua minaccia, Sì s’aparecchia a mostrar sua bontate, Ché ben conosce sua diversitate. Vergogna a una spada la man caccia, Sì disse: “I’ vo’ ben che ciaschedun saccia Ched i’ te pagherò di tue derrate”. Allora alza la spada a·llei fedire;

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CCVII La battaglia

Franchezza sì venne primieramente Contra lo Schifo, ch’è molto oltraggioso E per sembianti fiero e coraggioso; Ma quella venne molto umilemente. Lo Schifo sì ponea troppo ben mente, Ché ‘n ben guardar era molto invioso, Che quella non potesse di nascoso Entrar dentr’a la porta con sua gente. Franchezza mise mano ad una lancia, Sì

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CCVI L’Amante

Come costor m’andavar tormentando, E l’oste al Die d’Amor si fu sentita, E sì cognobbor ch’i’ avea infralita La boce: inmantenente miser bando Che ciaschedun si vada apparecchiando A me socorrere a campar la vita, Ch’ella sarebbe in poca d’or fallita Sed e’ no·mi venisser confortando. Quando i portir’ sentiron quel baratto, Inmantenente tra lor

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CCV L’Amante

Allor Bellacoglienza fu fermata Da questi tre portier’ sotto tre porte, E con una catena molto forte Quella gentil ebbero ‘ncatenata. Po’ corser sopra me, quella brigata, E disson: “Sopra te cadran le sorte”. Allor credetti ben ricever morte, Tanto facean di me gran malmenata: Sì ch’i’ misericordia domandai A Paura, a Vergogna e a

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