Quando, ragionando per la prima parte, aperta è la sentenza di quella, procedere si conviene a la seconda; de la quale per meglio vedere, tre parti se ne vogliono fare, secondo che in tre versi si comprende: che ne la prima parte io commendo questa donna interamente e comunemente, sì ne l'anima come nel corpo; ne la seconda discendo a laude speziale de l'anima; ne la terza a laude speziale del corpo. La prima parte comincia: Non vede il sol, che tutto 'l mondo gira; la seconda comincia: In lei discende la virtù divina; la terza comincia: Cose appariscon ne lo suo aspetto; e queste parti secondo ordine sono da ragionare.
Dice adunque: Non vede il sol, che tutto il mondo gira; dove è da sapere, a perfetta intelligenza avere, come lo mondo dal sole è girato. Prima dico che per lo mondo io non intendo qui tutto 'l corpo de l'universo, ma solamente questa parte del mare e de la terra, seguendo la volgare voce, ché così s'usa chiamare: onde dice alcuno, "quelli hae tutto lo mondo veduto", dicendo parte del mare e della terra. Questo mondo volse Pittagora – e li suoi seguaci – dicere che fosse una de le stelle e che un'altra a lei fosse opposita, così fatta, e chiamava quella Anticthona; e dicea ch'erano ambe in una spera che si volvea da occidente in oriente, e per questa revoluzione si girava lo sole intorno a noi, e ora si vedea e ora non si vedea. E dicea che 'l fuoco era nel mezzo di queste, ponendo quello essere più nobile corpo che l'acqua e che la terra, e ponendo lo mezzo nobilissimo intra li luoghi de li quattro corpi simplici: e però dicea che 'l fuoco, quando parea salire, secondo lo vero al mezzo discendea. Platone fu poi d'altra oppinione, e scrisse in uno suo libro che si chiama Timeo, che la terra col mare era bene lo mezzo di tutto, ma che 'l suo tondo tutto si girava a torno al suo centro, seguendo lo primo movimento del cielo; ma tarda molto per la sua grossa matera e per la massima distanza da quello. Queste oppinioni sono riprovate per false nel secondo De Celo et Mundo da quello glorioso filosofo al quale la natura più aperse li suoi segreti; e per lui quivi è provato, questo mondo, cioè la terra, stare in sé stabile e fissa in sempiterno. E le sue ragioni, che Aristotile dice a rompere costoro e affermare la veritade, non è mia intenzione qui narrare, perché assai basta a la gente a cu' io parlo, per la sua grande autoritade sapere che questa terra è fissa e non si gira, e che essa col mare è centro del cielo.
Questo cielo si gira intorno a questo centro continuamente, sì come noi vedemo; ne la cui girazione conviene di necessitade essere due poli fermi, e uno cerchio equalmente distante da quelli, che massimamente giri. Di questi due poli, l'uno è manifesto quasi a tutta la terra discoperta, cioè questo settentrionale; l'altro è quasi a tutta la discoperta terra celato, cioè lo meridionale. Lo cerchio che nel mezzo di questi s'intende, si è quella parte del cielo sotto la quale si gira lo sole quando va con l'Ariete e con la Libra. Onde è da sapere, che se una pietra potesse cadere da questo nostro polo, ella cadrebbe là oltre nel mare Oceano, a punto in su quel dosso del mare dove, se fosse uno uomo, la stella li sarebbe sempre in sul mezzo del capo; – e credo che da Roma a questo luogo, andando diritto per tramontana, sia spazio quasi di dumila secento miglia, o poco dal più al meno -. Imaginando adunque, per meglio vedere, in questo luogo ch'io dissi sia una cittade e abbia nome Maria, dico ancora che se da l'altro polo, cioè meridionale, cadesse una pietra, ch'ella caderebbe in su quel dosso del mare Oceano ch'è a punto in questa palla opposito a Maria; – e credo che da Roma là dove caderebbe questa seconda pietra, diritto andando per lo mezzogiorno, sia spazio di settemila cinquecento miglia, o poco dal più al meno -. E qui imaginiamo un'altra cittade, che abbia nome Lucia – ed è spazio, da qualunque lato si tira la corda, di diecimila dugento miglia -: èli, tra l'una e l'altra, mezzo lo cerchio di tutta questa palla, sì che li cittadini di Maria tengono le piante contra le piante di quelli di Lucia. Imaginisi anco uno cerchio in su questa palla, che sia in ciascuna parte sua tanto lungi da Maria quanto da Lucia. Credo che questo cerchio – secondo ch'io comprendo per le sentenze de li astrologi, e per quella d'Alberto de la Magna nel libro de la Natura de' luoghi e de le proprietadi de li elementi, e anco per la testimonianza di Lucano nel nono suo libro – dividerebbe questa terra discoperta dal mare Oceano, là nel mezzodie, quasi per tutta l'estremità del primo climate, dove sono intra l'altre genti li Garamanti, che stanno quasi sempre nudi; a li quali venne Catone col popolo di Roma, la segnoria di Cesare fuggendo.
Segnati questi tre luoghi sopra questa palla, leggiermente si può vedere come lo sole la gira. Dico adunque che 'l cielo del sole si rivolge da occidente in oriente, non dirittamente contra lo movimento diurno, cioè del die e de la notte, ma tortamente contra quello; sì che 'l suo mezzo cerchio, che equalmente è 'ntra li suoi poli, nel quale è lo corpo del sole, sega in due parti opposite lo mezzo cerchio de li due primi poli, cioè nel principio de l'Ariete e nel principio de la Libra, e partesi per due archi da esso, uno ver settentrione e un altro ver mezzogiorno. Li punti di mezzo de li quali archi si dilungano equalmente dal primo cerchio, da ogni parte, per ventitrè gradi e uno punto più; e l'uno punto è lo principio del Cancro, e l'altro è lo principio del Capricorno. Però conviene che Maria veggia nel principio de l'Ariete, quando lo sole va sotto lo mezzo cerchio de li primi poli, esso sole girar lo mondo intorno giù a la terra, o vero al mare, come una mola de la quale non paia più che mezzo lo corpo suo; e questa veggia venire montando a guisa d'una vite dintorno, tanto che compia novanta e una rota e poco più. E quando queste rote sono compiute, lo suo montare è a Maria quasi tanto quanto esso monta a noi ne la mezza terra, quando 'l giorno è de la mezza notte iguale; e se uno uomo fosse dritto in Maria e sempre al sole volgesse lo viso, vederebbesi quello andare ver lo braccio destro. Poi per la medesima via par discendere altre novanta e una rota e poco più, tanto ch'elli gira intorno giù a la terra, o vero al mare, sé non tutto mostrando; e poi si cela, e comincialo a vedere Lucia, lo quale montare e discendere intorno a sé allor vede con altrettante rote quante vede Maria. E se uno uomo fosse in Lucia dritto, sempre che volgesse la faccia in ver lo sole, vedrebbe quello andarsi nel braccio sinistro. Per che si può vedere che questi luoghi hanno un dì l'anno di sei mesi; e una notte d'altrettanto tempo; e quando l'uno ha lo giorno e l'altro ha la notte. Conviene anche che lo cerchio dove sono li Garamanti, come detto è, in su questa palla, veggia lo sole a punto sopra sé girare, non a modo di mola, ma di rota; la quale non può in alcuna parte vedere se non mezza, quando va sotto l'Ariete. E poi lo vede partire da sé e venire verso Maria novanta e uno die e poco più, e per altrettanti a sé tornare; e poi, quando è tornato, va sotto la Libra, e anche si parte e va ver Lucia novanta e uno dì e poco più, e in altrettanti ritorna. E questo luogo, lo quale tutta la palla cerchia, sempre ha lo die iguale con la notte, o di qua o di là che 'l sole li vada; e due volte l'anno ha la state grandissima di calore, e due piccioli verni.
Conviene anche che li due spazii, che sono in mezzo de le due cittadi imaginate e lo cerchio del mezzo, veggiano lo sole disvariatamente, secondo che sono remoti e propinqui questi luoghi; sì come omai, per quello che detto è, puote vedere chi ha nobile ingegno, al quale è bello un poco di fatica lasciare. Per che vedere omai si puote, che per lo divino provedimento lo mondo è si ordinato che, volta la spera del sole e tornata a uno punto, questa palla dove noi siamo in ciascuna parte di sé riceve tanto tempo di luce quanto di tenebre. O ineffabile sapienza che così ordinasti, quanto è povera la nostra mente a te comprendere! E voi a cui utilitade e diletto io scrivo, in quanta cechitade vivete, non levando li occhi suso a queste cose, tenendoli fissi nel fango de la vostra stoltezza!
Convivio – Trattato III – Capitolo V
Maggio 26, 2010 Da Lascia un commento
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