"Lo rege si letificherà in Dio, e saranno lodati tutti quelli che giurano in lui, però che serrata è la bocca di coloro che parlano le inique cose". Queste parole posso io qui veramente proponere; però che ciascuno vero rege dee massimamente amare la veritade. Ond'è scritto nel libro di Sapienza: "Amate lo lume di sapienza, voi che siete dinanzi a li populi"; e lume di sapienza è essa veritade. Dico adunque che però si rallegrerà ogni rege che riprovata è la falsissima e dannosissima oppinione de li malvagi e ingannati uomini che di nobilitade hanno infino a ora iniquamente parlato.
Convienesi procedere al trattato de la veritade, secondo la divisione fatta nel terzo capitolo di questo trattato. Questa seconda parte adunque, che comincia: Dico ch'ogni vertù principalmente, intende diterminare d'essa nobilitade secondo la veritade; e partesi questa parte in due: che ne la prima s'intende mostrare che è questa nobilitade; ne la seconda s'intende mostrare come conoscere si puote colui dov'ella è: e comincia questa parte seconda: L'anima cui adorna esta bontate. La prima parte ha due parti ancora: che ne la prima si cercano certe cose che sono mestiere a veder la diffinizione di nobilitade; ne la seconda si cerca de la sua diffinizione: e comincia questa seconda parte: È gentilezza dovunqu'è vertute.
A perfettamente entrare per lo trattato è prima da vedere due cose: l'una, che per questo vocabulo "nobilitade" s'intende, solo semplicemente considerato; l'altra è per che via sia da camminare a cercare la prenominata diffinizione. Dico adunque che, se volemo riguardo avere de la comune consuetudine di parlare, per questo vocabulo "nobilitade" s'intende perfezione di propria natura in ciascuna cosa. Onde non pur de l'uomo è predicata, ma eziandio di tutte cose – ché l'uomo chiama nobile pietra, nobile pianta, nobile cavallo, nobile falcone – qualunque in sua natura si vede essere perfetta. E però dice Salomone ne lo Ecclesiastes: "Beata la terra lo cui re è nobile", che non è altro a dire, se non lo cui rege è perfetto, secondo la perfezione de l'animo e del corpo; e così manifesta per quello che dice dinanzi quando dice: "Guai a te, terra, lo cui rege è pargolo", cioè non perfetto uomo: e non è pargolo uomo pur per etade, ma per costumi disordinati e per difetto di vita, sì come n'ammaestra lo Filosofo nel primo de l'Etica. Bene sono alquanti folli che credono che per questo vocabulo "nobile" s'intenda "essere da molti nominato e conosciuto", e dicono che viene da uno verbo che sta per conoscere, cioè "nosco". E questo è falsissimo; ché, se ciò fosse, quali cose più fossero nomate e conosciute in loro genere, più sarebbero in loro genere nobili: e così la guglia di San Piero sarebbe la più nobile pietra del mondo; e Asdente, lo calzolaio da Parma, sarebbe più nobile che alcuno suo cittadino; e Albuino de la Scala sarebbe più nobile che Guido da Castello di Reggio: che ciascuna di queste cose è falsissima. E però è falsissimo che "nobile" vegna da "conoscere", ma viene da "non vile"; onde "nobile" è quasi "non vile". Questa perfezione intende lo Filosofo nel settimo de la Fisica quando dice: "Ciascuna cosa è massimamente perfetta quando tocca e aggiugne la sua virtude propria, e allora è massimamente secondo sua natura; onde allora lo circulo si può dicere perfetto quando veramente è circulo", cioè quando aggiugne la sua propria virtude; e allora è in tutta sua natura, e allora si può dire nobile circulo. E questo è quando in esso è uno punto lo quale equalmente distante sia da la circunferenza, sua virtute particulare; però lo circulo che ha figura d'uovo non è nobile, né quello che ha figura di presso che piena luna, però che non è in quello sua natura perfetta. E così manifestamente vedere si può che generalmente questo vocabulo, cioè nobilitade, dice in tutte cose perfezione di loro natura: e questo è quello che primamente si cerca, per meglio entrare nel trattato de la parte che esponere s'intende.
Secondamente è da vedere come da camminare è a trovare la diffinizione de l'umana nobilitade, a la quale intende lo presente processo. Dico adunque che, con ciò sia cosa che in quelle cose che sono d'una spezie, sì come sono tutti li uomini, non si può per li principii essenziali la loro ottima perfezione diffinire, conviensi quella e diffinire e conoscere per li loro effetti. E però si legge nel Vangelio di santo Matteo – quando dice Cristo: "Guardatevi da li falsi profeti" -: "A li frutti loro conoscerete quelli". E per lo cammino diritto è da vedere, questa diffinizione che cercando si vae, per li frutti: che sono morali vertù e intellettuali, de le quali essa nostra nobilitade è seme, sì come ne la sua diffinizione sarà pienamente manifesto. E queste sono quelle due cose che vedere si convenia prima che ad altre si procedesse, sì come in questo capitolo di sopra si dice.
Convivio – Trattato IV – Capitolo XVI
Ottobre 1, 2010 Da Lascia un commento
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