Le rime LVII

Già non m'agenza, Chiaro, il dimandare,

Ma' che m'agenza amare e non cherere,

Ché nullo uom deve sua donna pregare

Di cosa che può lei danno tenere;

ma desïoso nel desïo stare

D'ora d'amore, e in ciò mai permanere,

Ché lo desïo fa l'uomo migliorare,

Che 'l più malvagio isforza di valere.

E quel che viene in su la dilettanza

è di valer non mai sì desïoso:

Perciò in cherir non fermo mia speranza.

Ciò prova augel che più canta amoroso:

Se vien che compia la sua disïanza,

Fi' del cantar che sembra altrui noioso.

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