E' m'incresce di me sì duramente
Ch'altrettanto di doglia
Mi reca la pietà quanto 'l martiro,
Lasso, però che dolorosamente
Sento contro mia voglia
Raccoglier l'aire del sezza' sospiro
Entro 'n quel cor che i belli occhi feriro
Quando li aperse Amor con le sue mani
Per conducermi al tempo che mi sface.
Oimè, quanto piani,
Soavi e dolci ver' me si levaro,
Quand'elli incominciaro
La morte mia, che tanto mi dispiace,
Dicendo: «Nostro lume porta pace».
«Noi darem pace al core, a voi diletto»,
Diceano a li occhi miei
Quei de la bella donna alcuna volta;
Ma poi che sepper di loro intelletto
Che per forza di lei
M’era la mente già ben tutta tolta,
Con le insegne d'Amor dieder la volta,
Sì che la lor vittoriosa vista,
Poi non si vide pur una fiata:
Ond'è rimasta trista
L'anima mia che n'attendea conforto,
E ora quasi morto
Vede lo core a cui era sposata,
E partir la convene innamorata.
Innamorata se ne va piangendo
Fora di questa vita
La sconsolata, ché la caccia Amore.
Ella si move quinci sì dolendo,
Ch'anzi la sua partita
L'ascolta con pietate il suo fattore.
Ristretta s'è entro il mezzo del core
Con quella vita che rimane spenta
Solo in quel punto ch'ella si va via;
E ivi si lamenta
D'Amor, che fuor d'esto mondo la caccia;
E spessamente abbraccia
Li spiriti che piangon tuttavia,
Però che perdon la lor compagnia.
L'imagine di questa donna siede
Su ne la mente ancora,
Là 've la pose quei che fu sua guida;
E non le pesa del mal ch'ella vede,
Anzi vie più bella ora
Che mai e vie più lieta par che rida;
E alza li occhi micidiali, e grida
Sopra colei che piange il suo partire:
«Vanne, misera, fuor, vattene omai».
Questo grida il desire
Che mi combatte così come sole,
Avvegna che men dole,
Però che 'l mio sentire è meno assai
Ed è più presso al terminar de' guai.
Lo giorno che costei nel mondo venne,
Secondo che si trova
Nel libro de la mente che vien meno,
La mia persona pargola sostenne
Una passion nova,
Tal ch'io rimasi di paura pieno;
Ch'a tutte mie virtù fu posto un freno
Subitamente, sì ch'io caddi in terra,
Per una luce che nel cuor percosse:
E se 'l libro non erra,
Lo spirito maggior tremò sì forte,
Che parve ben che morte
Per lui in questo mondo giunta fosse:
Ma or ne incresce a quei che questo mosse.
Quando m'apparve poi la gran biltate
Che sì mi fa dolere,
Donne gentili a cu' i' ho parlato,
Quella virtù che ha più nobilitate,
Mirando nel piacere,
S'accorse ben che 'l suo male era nato;
E conobbe 'l disio ch'era creato
Per lo mirare intento ch'ella fece;
Sì che piangendo dissi a l'altre poi:
«Qui giugnerà, in vece
D'una ch'io vidi, la bella figura,
Che già mi fa paura;
Che sarà donna sopra tutte noi,
Tosto che fia piacer de li occhi suoi».
Io ho parlato a voi, giovani donne,
Che avete li occhi di bellezze ornati
E la mente d'amor vinta e pensosa,
Perché raccomandati
Vi sian li detti miei ovunque sono:
E 'nnanzi a voi perdono
La morte mia a quella bella cosa
Che me n'ha colpa e mai non fu pietosa.
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