Questa canzone è l'unica poesia in cui Dante fa esplicitamente il nome di Batrice (v. 14: "Per quella moro c'ha nome Beatrice".); la morte di Beatrice ha tolto e continua tuttora a togliere agli occhi la vera luce degli occhi.
Lo doloroso amor che mi conduce
A fin di morte per piacer di quella
Che lo mio cor solea tener gioioso,
M'ha tolto e toglie ciascun dì la luce
Che avean li occhi miei di tale stella
Che non credea di lei mai star doglioso:
E 'l colpo suo, c'ho portato nascoso,
Omai si scopre per soverchia pena,
La qual nasce del foco
Che m'ha tratto di gioco,
Sì ch'altro mai che male io non aspetto;
E 'l viver mio (omai esser de' poco)
Fin a la morte mia sospira e dice:
«Per quella moro c'ha nome Beatrice».
Quel dolce nome, che mi fa il cor agro,
Tutte fiate ch'i' lo vedrò scritto
Mi farà nuovo ogni dolor ch'io sento;
E de la doglia diverrò sì magro
De la persona e 'l viso tanto afflitto,
Che qual mi vederà n'avrà pavento.
Ed allor non trarrà sì poco vento
che non mi meni, sì ch'io cadrò freddo;
E per tal verrò morto,
E 'l dolor sarà scorto
Con l'anima che sen girà sì trista;
E sempre mai con lei starà ricolto,
Ricordando la gio' del dolce viso,
A che niente par lo paradiso.
Pensando a quel che d'Amore ho provato,
L'anima mia non chiede altro diletto,
Né il penar non cura il quale attende;
Ché, poi che 'l corpo sarà consumato,
Se n'anderà l'amor che m'ha sì stretto
Con lei a Quel ch'ogni ragione intende;
E se del suo peccar pace no i rende,
Partirassi col tormentar ch'è degna,
Sì che non ne paventa;
E starà tanto attenta
D'imaginar colei per cui s'è mossa,
Che nulla pena avrà ched ella senta;
Sì che, se 'n questo mondo l'ho perduto,
Amor ne l'altro men darà trebuto.
Morte, che fai piacere a questa donna,
Per pietà, innanzi che tu mi discigli,
Va' da lei, fatti dire
Perché m'avvien che la luce di quigli
Che mi fari tristo, mi sia così tolta:
Se per altrui ella fosse ricolta,
Falmi sentire, e trarrà' mi d'errore,
E assai finirò con men dolore.
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