Ballata, di scuola stilnovistica, indirizzata a una donna, la "pargoletta" amata da Dante fra il 1290 e il 1300, probabilmente verso la metà del decennio, fra il periodo dell'amore per Beatrice e l'amore per la donna-pietra
«I' mi son pargoletta bella e nova,
Che son venuta per mostrare altrui
De le bellezze del loco ond'io fui.
I' fui del cielo, e tornerovvi ancora
Per dar de la mia luce altrui diletto;
E chi mi vede e non se ne innamora
D'amor non averà mai intelletto,
Ché non mi fu in piacer alcun disdetto
Quando Natura mi chiese a Colui
Che volle, donne, accompagnarmi a vui.
Ciascuna stella ne li occhi mi piove
Del lume suo e de la sua vertute;
Le mie bellezze sono al mondo nove,
Però che di là su mi son venute:
Le quai non posson esser canosciute
Se non da canoscenza d'omo in cui
Amor si metta per piacer altrui».
Queste parole si leggon nel viso
D'un'angioletta che ci è apparita:
E io, che per veder lei mirai fiso,
Ne sono a rischio di perder la vita:
Però ch'io ricevetti tal ferita
Da un ch'io vidi dentro a li occhi sui,
Ch'i' vo piangendo e non m'acchetai pui.
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