Le rime XXXVII

Amor, che movi tua vertù da cielo

Come 'l sol lo splendore,

Che là s'apprende più lo suo valore

Dove più nobiltà suo raggio trova;

E come el fuga oscuritate e gelo,

Così, alto segnore,

Tu cacci la viltate altrui del core,

Né ira contra te fa lunga prova:

Da te conven che ciascun ben si mova

Per lo qual si travaglia il mondo tutto;

Sanza te è distrutto

Quanto avemo in potenzia di ben fare,

Come pintura in tenebrosa parte,

Che non si può mostrare

Né dar diletto di color né d'arte.

Feremi ne lo cor sempre tua luce,

Come raggio in la stella,

Poi che l'anima mia fu fatta ancella

De la tua podestà primeramente;

Onde ha vita un disio che mi conduce

Con sua dolce favella

In rimirar ciascuna cosa bella

Con più diletto quanto è più piacente.

Per questo mio guardar m'è ne la mente

Una giovane entrata, che m'ha preso,

E hagli un foco acceso,

Com'acqua per chiarezza fiamma accende;

Perché nel suo venir li raggi tuoi,

Con li quai mi risplende,

Saliron tutti su ne gli occhi suoi.

Quanto è ne l'esser suo bella, e gentile

Ne gli atti ed amorosa,

Tanto lo imaginar, che non si posa,

L'adorna ne la mente ov'io la porto;

Non che da sé medesmo sia sottile

A così alta cosa,

Ma da la tua vertute ha quel ch'elli osa

Oltre al poder che natura ci ha porto.

E sua beltà del tuo valor conforto,

In quanto giudicar si puote effetto

Sovra degno suggetto,

In guisa ched è 'l sol segno di foco;

Lo qual a lui non dà né to' virtute,

Ma fallo in altro loco

Ne l'effetto parer di più salute.

Dunque, segnor di sì gentil natura

Che questa nobiltate

Che avven qua giuso e tutt'altra bontate

Lieva principio de la tua altezza,

Guarda la vita mia quanto ella è dura,

E prendine pietate,

Ché lo tuo ardor per la costei bieltate

Mi fa nel core aver troppa gravezza.

Falle sentire, Amor, per tua dolcezza,

Il gran disio ch'i' ho di veder lei;

Non soffrir che costei

Per giovanezza mi conduca a morte;

Ché non s'accorge ancor com'ella piace,

Né quant'io l'amo forte,

Né che ne li occhi porta la mia pace.

Onor ti sarà grande se m'aiuti,

E a me ricco dono,

Tanto quanto conosco ben ch'io sono

Là 'v'io non posso difender mia vita:

Ché gli spiriti miei son combattuti

Da tal ch'io non ragiono,

Se per tua volontà non han perdono,

Che possan guari star sanza finita.

Ed ancor tua potenzia fia sentita

Da questa bella donna, che n'è degna;

Ché par che si convegna

Di darle d'ogni ben gran compagnia,

Com'a colei che fu nel mondo nata

Per aver segnoria

Sovra la mente d'ogni uom che la guata.

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